(Italiano) Nuovo studio fa luce sui feromoni nei primati

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(Italiano) Identificate molecole con possibile attività feromonale nei primati

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(Italiano) Pubblicato sulla Rivista di Suinicultura un interessante articolo sulla salvaguardia della Biodiversità

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(Italiano) Cuglieri, idee a confronto per azioni di rigenerazione dopo l’incendio (Intervento del dott. Gianni Re – Ricercatore ISPAAM SS)

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Il 24 Settembre Ritorna la Notte Europea Dei Ricercatori “MEET ME TONIGHT”

NOTTE EUROPEA DEI RICERCATORI “MEET ME TONIGHT”: faccia a faccia con CREO-CNR, la rete outreach degli Istituti CNR della Campania

Il 24 settembre 2021 torna l’appuntamento con la European Researchers’ Night (ERN), promosso dalla Commissione Europea. Nel progetto “Meet Me Tonight”, coordinato dall’Università FEDERICO II di Napoli, in Campania sono coinvolti oltre 50 soggetti pubblici e privati come Atenei, Enti di ricerca, Musei, impegnati nella divulgazione della scienza per una giornata “Faccia a faccia” con la ricerca.
L’Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo (ISPAAM) afferente a CREO-CNR (Campania REteOutreach), la neonata rete di divulgazione scientifica di 24 Istituti campani e del Comitato Unico di Garanzia del Consiglio Nazionale delle Ricerche, partecipa in prima linea all’evento e propone le sue attività in modalità on line, in presenza e sui social.
Alla ricerca di animali e alimenti “Unici” (ISPAAM Napoli dott.ssa Viviana Genualdo e dott.ssa Fiorella Sarubbi)
La richiesta pressante di alimenti senza stagionalità, le emergenze sanitarie verificatesi, la presenza di prodotti alimentari competitivi sul mercato, hanno investito il settore agro-zootecnico italiano, che negli anni si è spinto sempre più all’importazione a discapito di produzioni proprie. L’attività mira a informare l’utente sull’importanza della biodiversità animale, che consente di impattare sempre meno sull’ambiente e ottenere prodotti a Km 0 made in Italy.

COMUNICATO STAMPA CNR: https://www.cnr.it/it/evento/17472

Link utili

http://www.f2meetmetonight.unina.it/uno-sguardo-anche-da-remoto/

https://www.cnr.it/it/evento/17472

http://www.f2meetmetonight.unina.it/napoli-il-programma/

http://www.f2meetmetonight.unina.it/portici-il-programma/

http://www.f2meetmetonight.unina.it/caserta-il-programma/

http://www.f2meetmetonight.unina.it/social-network/




Gas serra, formaggi e sviluppo sostenibile

Formaggi

 Si è tenuta giovedì 10 giugno su piattaforma web la conferenza finale del progetto LIFE Sheep To Ship. Si tratta di un progetto finalizzato a ridurre del 20% in 10 anni le emissioni di gas serra del settore lattiero-caseario ovino della Sardegna, attraverso l’individuazione e l’applicazione di tecniche eco-innovative. Coordinato dal CNR IBE (Responsabile Scientifico Dott. Pierpaolo Duce) e partecipato da CNR ISPAAM, UNISS, AGRIS, LAORE e Assessorato all’Ambiente della Regione Sardegna, Sheep to Ship è stato realizzato tra luglio 2016 e giugno 2021 e finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma LIFE 2014-2020. La conferenza online ha proposto un dibattito promosso in un contesto europeo più ampio, che va dall’adattamento ai cambiamenti climatici ai percorsi per lo sviluppo sostenibile, dai Programmi per lo Sviluppo Rurale alla Strategia europea Green Deal, in una prospettiva multi-livello, rilevante per l’allevamento ovino.

Fonte: https://www.buongiornoalghero.it/contenuto/0/30/174911/gas-serra-formaggi-e-sviluppo-sostenibile




Nasce la SNAP: “Scuola nazionale di pastorizia”

La pastorizia, intesa come allevamento estensivo condotto mediante pascolo brado, è un’attività che ricopre un ruolo rilevante nelle aree rurali montane e insulari del nostro Paese. Infatti, consente non solo di produrre i formaggi, che esprimono nella loro interezza la tipicità e la tradizionalità del luogo in cui nascono, ma offre anche servizi socio-ambientali, come il mantenimento della biodiversità, del paesaggio e una riduzione dei rischi idro-geologici. Grazie a questi servizi la pastorizia contribuisce a ridurre l’abbandono delle aree rurali, offrendo un’attività lavorativa da cui ricavare un adeguato reddito, e a presiedere e mantenere vive e produttive queste aree più marginali. In questo contesto nasce la “Scuola nazionale di pastorizia”, che si pone come obiettivo principale quello di rivalorizzare la figura professionale del pastore, offrendo un’adeguata formazione, al termine della quale tutti coloro che vi parteciperanno saranno in grado di gestire adeguatamente l’attività pastorale.

Abbiamo parlato di questo progetto innovativo con tre membri del comitato organizzativo:

  • Luca Battaglini, Professore ordinario di Scienze e Tecnologie animali presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) dell’Università degli Studi di Torino.
  • Antonello Franca, Dottore Agronomo e ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche presso L’ISPAAM (Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo) di Sassari.
  • Michele Nori, Dottore Agronomo tropicale che da 25 anni lavora e si occupa di questioni legate alla pastorizia in diverse aree del mondo. Membro di Rete Appia, attualmente si trova presso il Robert Schuman Centre, European University Institute.
1. “Come è nata l’idea di realizzare il progetto “Scuola nazionale di pastorizia” (SNAP) e qual è lo scopo del progetto?”

L’idea nasce dal percorso portato avanti all’interno del programma SNAI (Strategie Nazionali Aree Interne), che si occupa di comprendere quali siano le dinamiche e le ragioni legate allo spopolamento e all’invecchiamento dell’età media delle popolazioni che abitano ed operano nelle aree interne rurali montane ed insulari, ovvero quelle aree che hanno difficile accesso ai servizi e ai mercati. Queste zone rappresentano un’ottima opportunità di lavoro e di maggiore integrazione per la popolazione migrante, nonché una prospettiva allettante anche per i neo-rurali, ovvero quei giovani che vogliono vivere e lavorare in questi territori. Perciò si è sentita la necessità di porre maggiore attenzione alla pastorizia, che rappresenta in queste aree più interne una delle poche attività che può fornire un adeguato impiego e reddito, garantendo anche la manutenzione del territorio. Come ci spiega Michele Nori: “un problema serio e sentito non solo nelle aree interne italiane ma, con dinamiche simili, anche nei paesi dell’Europa mediterranea, ovvero dell’Europa del sud (Spagna, Grecia, Francia), riguarda il ricambio generazionale.” Il ricambio generazionale è un deficit di cui il settore della pastorizia soffre molto; per questo motivo uno dei principali obiettivi della scuola è quello di colmare tale vuoto strutturale. Inoltre, il problema di oggi è che la manodopera attuale del settore della pastorizia non riesce a diventare imprenditoriale. Come conseguenza inevitabile della mancanza di imprenditori e di manodopera, quando i titolari delle aziende della generazione prossima alla pensione vogliono dismettere, non sanno a chi lasciare o vendere l’azienda, quindi è un capitale che viene perso. “Il mestiere del pastore – aggiunge a tal proposito Antonello Franca – non ha più appeal, nonostante continui a suscitare un certo fascino dal punto di vista letterario e cinematografico. Poiché i ragazzi non sono più motivati ad intraprendere questo tipo di attività, è necessario arricchire le conoscenze tradizionali legate alla pastorizia con concetti di innovazione e trasformazione. La scuola quindi valorizza ampiamente le conoscenze già note, ovvero la gestione tradizionale dell’azienda, degli animali e del territorio, ma a ciò si deve aggiungere qualcosa di innovativo per poter semplificare lo svolgimento di tale lavoro. La chiave quindi di questo progetto è la valorizzazione del mestiere del pastore e il miglioramento delle condizioni di lavoro attraverso una conoscenza innovativa delle tecniche di gestione.” L’obiettivo principale della scuola è quindi quello di creare una nuova generazione di allevatori estensivi, che siano adeguatamente formati tramite conoscenze tradizionali ed innovative, e che sappiano svolgere la loro professione in qualunque territorio. Un altro aspetto molto importante, sottolineato dal professor Luca Battaglini, è che la scuola si pone come ulteriore obiettivo quello di valorizzare le realtà locali e tradizionali italiane, dagli ambienti montani delle Alpi e degli Appennini, fino alle realtà insulari e pianeggianti.

2. “Quali sono i maggiori fruitori di tale iniziativa?”

La scuola è aperta a tutti, sia ai giovani inesperti che agli allevatori di professione. Il requisito principale da possedere è l’entusiasmo, la passione e la voglia di voler fare di questo antico mestiere la propria professione.

3. “Da chi è composto il personale che dovrà formare gli studenti e quali sono le conoscenze acquisite frequentando la scuola?”

A tal proposito ci risponde il professor Luca Battaglini: “il nostro progetto si discosta dal termine canonico di “scuola”, e le conoscenze che vogliono essere trasmesse sono riassumibili in due punti fondamentali: formare le nuove leve mediante un’adeguata preparazione di base e fornire corsi di aggiornamento per gli allevatori che fanno già questo mestiere. Per questo motivo il “corpo docente” sarà costituito dalle seguenti figure: in primo luogo dagli allevatori, che svolgeranno attività di tutoraggio mettendo a disposizione la loro azienda ed esperienza fornendo adeguate soluzioni alle problematiche connesse a questo tipo di allevamento. Essendo l’intero corso basato non solo su lezioni frontali, ma soprattutto su attività all’aperto di contatto diretto con la realtà pastorale, la figura degli allevatori gioca un ruolo centrale. A supporto della formazione teorica saranno presenti tecnici, docenti e ricercatori che si occupano specificatamente di diversi settori, come l’economia, l’agronomia, la zootecnia, ma anche veterinari ed esperti del mercato, delle normative e della burocrazia. Le conoscenze quindi fornite ai corsisti sono moltissime e riguardano tutti gli aspetti dell’intera filiera; tra queste, di particolare rilievo sono il benessere animale, i servizi ecosistemici e la biodiversità, questo soprattutto per far conoscere al consumatore qual è il senso profondo che lega il prodotto finale al produttore e al territorio.”

4. “Infine, quali sono le prospettive future?”

Attualmente la scuola non è ancora operativa, ma l’obiettivo è quello di poter iniziare presumibilmente una prima fase sperimentale in Piemonte nel 2022, per poi estendere il progetto in tutto il territorio regionale nazionale, coinvolgendo attività pubbliche e private.
Far riscoprire il mestiere del pastore e renderlo una figura professionalizzante riconosciuta è uno dei punti di arrivo di questo progetto, unito ovviamente alla valorizzazione del territorio, del mercato e della tradizione.

Fonte: https://www.ruminantia.it/nasce-la-snap-scuola-nazionale-di-pastorizia/




Genobu punta a migliorare la filiera bufalina

Con la pubblicazione del decreto direttoriale da parte del Mur, parte ufficialmente il progetto “Sequenziamento del genoma bufalino per il miglioramento quali-quantitativo delle produzioni agro-alimentari – Genobu” che vede capofila il consorzio Biogene (Ceinge) e come coordinatore scientifico l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Cnr-Ispaam)

Genobu è un progetto Pon1 in area Agrifood, finanziato nell’ambito dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nelle 4 regioni della convergenza. Il Cnr partecipa mettendo a disposizione il know-how interdisciplinare di due istituti afferenti al Dipartimento di scienze agroalimenrati (Cnr-Disba): l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Cnr-Ispaam) e l’Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Cnr-Ibba), anche esercitando un ruolo di collegamento e coordinamento tra enti di ricerca, aziende del settore industriale e del settore zootecnico bufalino.

Il progetto vede coinvolti anche il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università Federico II, il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Salerno e l’Associazione Nazionale Allevatori Specie Bufaline (Anasb), come aziende del settore industriale il consorzio Biogene (Ceinge), la Neatec S.p.a. e la Avantech Group S.r.l., e come aziende del settore zootecnico bufalino l’Azienda agricola Iemma.

Genobu ha l’obiettivo di sviluppare tecnologie e metodologie innovative per migliorare la filiera bufalina mediante la selezione genetica dei migliori riproduttori bufalini attraverso:



f) profili proteomici di organi e fluidi biologici per la valorizzazione e il tracciamento delle materie prime dalla filiera bufalina.

Con le ricerche in itinere, la componente industriale ed aziendale al tempo stesso produrrà:



m) un Portale Bufalino per favorire l’integrazione e la comunicazione tra gli specialisti del settore (ricercatori, veterinari, allevatori) ed i consumatori.

Il progetto ha un importo totale di circa 8 milioni di euro ed avrà una durata di tre anni a partire dal 01/01/2021.

Fonte: https://www.corrierenazionale.it/2021/03/28/genobu-punta-migliorare-filiera-bufalina/




L’ISPAAM coordinatore scientifico del progetto di ricerca “Genobu”

Si chiama Genobu, durerà tre anni ed è stato finanziato dal ministero dell’Università e della ricerca: punta a selezionare individui resistenti alle zoonosi e ad utilizzare i marcatori molecolari per rafforzare la tracciabilità delle produzioni zootecniche innalzandone la qualità

Bufale

Il ministero dell’Università e della ricerca ha dato il definitivo via libera al progetto di ricerca “Sequenziamento del genoma bufalino per il miglioramento quali-quantitativo delle produzioni agro-alimentari” denominato “Genobu” che vede capofila il Consorzio Biogene (Ceinge) e come coordinatore scientifico l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo del Consiglio nazionale per le ricerche (Cnr-Ispaam). Il progetto vale circa otto milioni di euro ed avrà una durata di tre anni a partire da gennaio 2021. Lo rende noto il Cnr con una nota esplicativa per la stampa.

Genobu è un progetto Piano operativo nazionale 1 in area Agrifood, finanziato nell’ambito dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nelle quattro regioni italiane designate nell’obiettivo della convergenza Ue: Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Il Cnr partecipa mettendo a disposizione il know-how interdisciplinare di due istituti afferenti al dipartimento di Scienze agroalimentari (Cnr-Disba): l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Cnr-Ispaam) e l’Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Cnr-Ibba), anche esercitando un ruolo di collegamento e coordinamento tra enti di ricerca, aziende del settore industriale e del settore zootecnico bufalino.

Genobu vede coinvolti anche il dipartimento di Scienze agrarie dell’Università degli Studi Federico II di Napoli il dipartimento di Scienze farmaceutiche dell’Università di Salerno e l’Associazione nazionale allevatori specie bufalina (Anasb). Come aziende del settore industriale ci sono il consorzio Biogene (Ceinge), la Neatec Spa e la Avantech Group Srl, e come aziende del settore zootecnico bufalino l’Azienda agricola Iemma.

Il progetto ha l’obiettivo di sviluppare tecnologie e metodologie innovative per migliorare la filiera bufalina mediante la selezione genetica dei migliori riproduttori bufalini.
Diversi gli strumenti adottati, si comincia dal ri-sequenziamento del genoma e dell’esoma di un maschio bufalino di razza Mediterranea italiana di alto valore genomico mediante le più moderne tecniche di sequenziamento per poi puntare alla selezione genetica di bufale resistenti a malattie endemiche come brucellosi e tubercolosima anche selezione citogenetica di riproduttori esenti da anomalie cromosomiche con estensione delle mappe citogenetiche” è scritto nella nota.

E se queste ambiziose linee di ricerca riguardano obiettivi di sanità animale, non mancano quelli puntati sulla qualità e costanza nel tempo delle produzioni zootecniche. A cominciare dalla “selezione di riproduttori per caratteri quali-quantitativi del latte e suoi derivati mediante marcatori molecolaripassando per un “incremento della progenie femminile mediante seme sessato e testato mediante spermio-Fish“.
Per quanto riguarda la rintracciabilità dei prodotti zootecnici saranno delineatiprofili proteomici di organi e fluidi biologici per la valorizzazione e il tracciamento delle materie prime dalla filiera bufalina“.

Con le ricerche in itinere, la componente industriale e aziendale al tempo stesso produrrà:

  • microarray di Snps specifici per la selezione su vasta scala di riproduttori che meglio assicurino incrementi qualitativi e quantitativi delle produzioni e resistenza alle malattie infettive,
  • software per la messa a punto di indici genomici,
  • schede sanitarie degli animali,
  • strumenti per il tracciamento e la valorizzazione della filiera bufalina,
  • un Portale bufalino per favorire l’integrazione e la comunicazione tra gli specialisti del settore (ricercatori, veterinari, allevatori) ed i consumatori.

Fonte: https://agronotizie.imagelinenetwork.com/zootecnia/2021/03/24/bufala-un-progetto-di-ricerca-genomica-da-otto-milioni-di-euro/69830?utm_source=notifiche&utm_medium=email&utm_campaign=notifica-azienda-7536&utm_content=kANArticolo-69830#.YFxHQFabjFg.facebook




Medicina personalizzata, a Daniela Gallo premio per studio su pazienti con tumore della cervice localmente avanzato

Alla ricercatrice dell’Università Cattolica il Premio “Best Practice in Personalised Medicine 2020”. La ricerca pubblicata sul Journal of Experimental and Clinical Cancer Research.

L’identificazione di una firma molecolare in grado di predire l’esito del trattamento chemioradioterapico neoadiuvante (Crt) nelle pazienti con tumore della cervice localmente avanzato è valso il Premio “Best Practice in Personalised Medicine 2020” dall’International Consortium for Personalised Medicine ( ICPerMed) a Daniela Gallo, Dirigente sanitario dell’Università Cattolica e Responsabile dell’Unità di Medicina Traslazionale per la Salute della Donna e del Bambino del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs. Il lavoro scientifico, i cui risultati ottenuti sono stati brevettati, è stato condotto da un team di ricercatori e clinici coordinati da Daniela Gallo insieme a Giovanni Scambia, Ordinario di Clinica Ostetrica e Ginecologica presso l’Università Cattolica e Direttore Scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs.

In futuro è previsto lo sviluppo di un kit destinato ad uno screening rapido e poco costoso sulle pazienti da validare in studi clinici multicentrici. Una volta confermati su una coorte più ampia di pazienti, questi risultati potrebbero rappresentare un importante sviluppo verso l’applicazione di approcci terapeutici personalizzati nel trattamento del tumore della cervice localmente avanzato.

L’Ente che ha attribuito il premio (ICPerMed) è un consorzio internazionale per la medicina personalizzata di cui fanno parte oltre 40 partner europei e internazionali che rappresentano Ministeri, organizzazioni pubbliche e private di finanziamento della ricerca sanitaria “no-profit”, organizzazioni politiche e la Commissione europea (CE).

Daniela Gallo ha ricevuto il premio e presentato i risultati del progetto in occasione dell’ICPerMed Conference 2021 che si è svolta nei giorni 25 e 26 febbraio scorsi, in modalità virtuale.

Il riconoscimento, giunto alla terza edizione e istituito con l’obiettivo di incoraggiare e diffondere esempi di buone pratiche nella medicina personalizzata, è stato assegnato alla dottoressa Gallo in qualità di principale autore dello studio “A combined ANXA2-NDRG1-STAT1 gene signature predicts response to chemoradiotherapy in cervical cancer”. La ricerca, pubblicata sul Journal of Experimental and Clinical Cancer Research, è frutto della collaborazione multidisciplinare tra la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’ENEA – Divisione Tecnologie e metodologie per la salvaguardia della salute (in collaborazione con ISPAAM- CNR).

Fonte: https://www.panoramasanita.it/2021/03/18/medicina-personalizzata-a-daniela-gallo-premio-per-studio-su-pazienti-con-tumore-della-cervice-localmente-avanzato/