La qualità della mozzarella: il progetto Genobu

Con la pubblicazione del decreto direttoriale da parte del Mur, parte ufficialmente il progetto “Sequenziamento del genoma bufalino per il miglioramento quali-quantitativo delle produzioni agro-alimentari – Genobu” che vede capofila il consorzio Biogene (Ceinge) e come coordinatore scientifico l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Cnr-Ispaam)

Genobu è un progetto Pon1 in area Agrifood, finanziato nell’ambito dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nelle 4 regioni della convergenza. Il Cnr partecipa mettendo a disposizione il know-how interdisciplinare di due istituti afferenti al Dipartimento di scienze agroalimenrati (Cnr-Disba):  l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Cnr-Ispaam) e l’Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Cnr-Ibba), anche esercitando un ruolo di collegamento e coordinamento tra enti di ricerca, aziende del settore industriale e del settore zootecnico bufalino.

Il progetto vede coinvolti anche il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università Federico II, il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Salerno e l’Associazione Nazionale Allevatori Specie Bufaline (Anasb), come aziende del settore industriale il consorzio Biogene (Ceinge), la Neatec S.p.a. e la Avantech Group S.r.l., e come aziende del settore zootecnico bufalino l’Azienda agricola Iemma.

Genobu ha l’obiettivo di sviluppare tecnologie e metodologie innovative per migliorare la filiera bufalina mediante la selezione genetica dei migliori riproduttori bufalini attraverso:

a) ri-sequenziamento del genoma e dell’esoma di un maschio bufalino (razza Mediterranea italiana) di alto valore genomico mediante le più moderne tecniche di sequenziamento;
b) selezione genetica di bufale resistenti a malattie endemiche come brucellosi e tubercolosi;
c) selezione di riproduttori per caratteri quali-quantitativi del latte e suoi derivati mediante marcatori molecolari;
d) incremento della progenie femminile mediante seme sessato e testato mediante spermio-Fish;
e) selezione citogenetica di riproduttori esenti da anomalie cromosomiche con estensione delle mappe citogenetiche;
f) profili proteomici di organi e fluidi biologici per la valorizzazione e il tracciamento delle materie prime dalla filiera bufalina.

Con le ricerche in itinere, la componente industriale ed aziendale al tempo stesso produrrà:

g) microarray di Snps specifici per la selezione su vasta scala di riproduttori che meglio assicurino incrementi quali-quantitative delle produzioni e/o resistenza alle malattie infettive;
h) software per la messa a punto di indici genomici;
i) schede sanitarie degli animali;
l) strumenti per il tracciamento e la valorizzazione della filiera bufalina;
m) un Portale Bufalino per favorire l’integrazione e la comunicazione tra gli specialisti del settore (ricercatori, veterinari, allevatori) ed i consumatori.

Il progetto ha un importo totale di circa 8 milioni di euro ed avrà una durata di tre anni a partire dal 01/01/2021.

Per informazioni:
Leopoldo Iannuzzi
Cnr – Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Ispaam)
Ricercatore associato
Via Enrico Fermi, 1
Portici (NA)
leopoldo.iannuzzi@cnr.it

Fonte: https://www.cnr.it/it/news/10080/la-qualita-della-mozzarella-il-progetto-genobu




La scoperta: anche alle piante serve lo iodio

https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/02/23/news/anche_alle_piante_serve_lo_iodio-288838892/




Dalla Scuola Sant’Anna la conferma che lo iodio fa bene anche alle piante

Lo iodio è un elemento fondamentale per la salute umana, è essenziale per il corretto funzionamento della tiroide e, in particolare, per la produzione degli ormoni tiroidei. Non era però noto se lo iodio fosse un elemento necessario per la fisiologia delle piante, al pari di altri microelementi come il ferro, il magnesio e molti altri. In una recente ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale “Frontiers in Plant Science”, un team di ricercatori del Laboratorio PlantLab dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa e con l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo del CNR di Napoli, ha dimostrato che lo iodio è necessario anche per le piante. Si tratta di una scoperta che apre a nuove applicazioni per arrivare a un incremento della produzione agricola.
Grazie ad un approccio sperimentale integrato che ha coinvolto ricercatori con competenze specialistiche è stato dimostrato che le piante richiedono iodio per una corretta fioritura, per una maggiore produzione di semi, per un’aumentata biomassa e per una fotosintesi efficiente (il processo di conversione della luce solare in energia chimica).

Di grande rilievo è la scoperta di proteine iodinate, ossia proteine che legano lo iodio, che quindi entra a far parte integrante delle proteine delle piante. Una scoperta mai avvenuta prima d’ora nel mondo della biologia vegetale. Le 82 proteine identificate sono coinvolte in vari processi come l’attivazione di un sistema di allerta precoce che difende la pianta dai danni da stress abiotico e biotico.
“Il laboratorio PlantLab, presso l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, sta conducendo in maniera attiva ricerche sullo iodio da circa vent’anni”, sottolinea Pierdomenico Perata, docente di Fisiologia Vegetale e responsabile del PlantLab. “Negli ultimi anni abbiamo scoperto e studiato vari meccanismi fisiologici legati alla presenza di iodio nelle piante, con l’obiettivo di aumentare il valore nutritivo delle colture. Lo iodio è infatti un elemento essenziale per la salute umana, necessario per la funzionalità tiroidea. Tuttavia, lo iodio non era considerato necessario per la vita della pianta. Con questo studio – prosegue Pierdomenico Perata – abbiamo dimostrato che lo iodio esercita un effetto benefico sulle piante, anche se usato in piccolissime quantità. Una scoperta ancora più importante è stata la dimostrazione della presenza dello iodio nelle proteine vegetali. Lo iodio si comporta quindi come diversi micronutrienti essenziali per la crescita e lo sviluppo delle piante”.

Lo iodio è presente ovunque, ma solo in piccole quantità. La maggior parte dei terreni agricoli e dell’acqua di irrigazione contengono concentrazioni molto basse di iodio che quindi spesso risulta non assimilabile dalle piante. È ipotizzabile che una carenza di iodio nelle piante causi perdite di resa, simili alla carenza di qualsiasi altro micronutriente. La ricerca è stata sostenuta finanziariamente da SQM, azienda internazionale con una lunga storia nella produzione e nella commercializzazione di fertilizzanti, estratti nel deserto di Atacama in Cile. Per una produzione ottimale del raccolto, lo iodio deve essere fornito alle colture al giusto dosaggio. “Fin dall’inizio di questo secolo, SQM si è dedicata alla ricerca sulla biofortificazione agronomica con lo iodio”, aggiunge Harmen Tjalling Holwerda, senior director business development nitrates and potassium business unit presso SQM e coautore della pubblicazione. “Durante gli studi, abbiamo notato che lo iodio esercitava i suoi effetti benefici in concentrazioni molto basse: una chiara evidenza che può far annoverare lo iodio tra i micronutrienti delle piante. SQM si impegna da sempre a far progredire la conoscenza sui fertilizzanti minerali ed è per questo motivo che abbiamo deciso di sostenere la ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa”.

Fonte: https://www.lanazione.it/pisa/cronaca/iodio-piante-1.6056854




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