La qualità della mozzarella: il progetto Genobu

Con la pubblicazione del decreto direttoriale da parte del Mur, parte ufficialmente il progetto “Sequenziamento del genoma bufalino per il miglioramento quali-quantitativo delle produzioni agro-alimentari – Genobu” che vede capofila il consorzio Biogene (Ceinge) e come coordinatore scientifico l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Cnr-Ispaam)

Genobu è un progetto Pon1 in area Agrifood, finanziato nell’ambito dei progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale nelle 4 regioni della convergenza. Il Cnr partecipa mettendo a disposizione il know-how interdisciplinare di due istituti afferenti al Dipartimento di scienze agroalimenrati (Cnr-Disba):  l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Cnr-Ispaam) e l’Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Cnr-Ibba), anche esercitando un ruolo di collegamento e coordinamento tra enti di ricerca, aziende del settore industriale e del settore zootecnico bufalino.

Il progetto vede coinvolti anche il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università Federico II, il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Salerno e l’Associazione Nazionale Allevatori Specie Bufaline (Anasb), come aziende del settore industriale il consorzio Biogene (Ceinge), la Neatec S.p.a. e la Avantech Group S.r.l., e come aziende del settore zootecnico bufalino l’Azienda agricola Iemma.

Genobu ha l’obiettivo di sviluppare tecnologie e metodologie innovative per migliorare la filiera bufalina mediante la selezione genetica dei migliori riproduttori bufalini attraverso:

a) ri-sequenziamento del genoma e dell’esoma di un maschio bufalino (razza Mediterranea italiana) di alto valore genomico mediante le più moderne tecniche di sequenziamento;
b) selezione genetica di bufale resistenti a malattie endemiche come brucellosi e tubercolosi;
c) selezione di riproduttori per caratteri quali-quantitativi del latte e suoi derivati mediante marcatori molecolari;
d) incremento della progenie femminile mediante seme sessato e testato mediante spermio-Fish;
e) selezione citogenetica di riproduttori esenti da anomalie cromosomiche con estensione delle mappe citogenetiche;
f) profili proteomici di organi e fluidi biologici per la valorizzazione e il tracciamento delle materie prime dalla filiera bufalina.

Con le ricerche in itinere, la componente industriale ed aziendale al tempo stesso produrrà:

g) microarray di Snps specifici per la selezione su vasta scala di riproduttori che meglio assicurino incrementi quali-quantitative delle produzioni e/o resistenza alle malattie infettive;
h) software per la messa a punto di indici genomici;
i) schede sanitarie degli animali;
l) strumenti per il tracciamento e la valorizzazione della filiera bufalina;
m) un Portale Bufalino per favorire l’integrazione e la comunicazione tra gli specialisti del settore (ricercatori, veterinari, allevatori) ed i consumatori.

Il progetto ha un importo totale di circa 8 milioni di euro ed avrà una durata di tre anni a partire dal 01/01/2021.

Per informazioni:
Leopoldo Iannuzzi
Cnr – Istituto per il sistema produzione animale in ambiente Mediterraneo (Ispaam)
Ricercatore associato
Via Enrico Fermi, 1
Portici (NA)
leopoldo.iannuzzi@cnr.it

Fonte: https://www.cnr.it/it/news/10080/la-qualita-della-mozzarella-il-progetto-genobu




La scoperta: anche alle piante serve lo iodio

Una ricerca di biologia vegetale della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con il Cnr di Pisa e Napoli, individua 82 proteine coinvolte in vari processi, come l’attivazione di un sistema di allerta precoce che difende la pianta dai danni da stress abiotico e biotico

Fondamentale per la salute umana, e anche per le piante. Lo iodio è infatti essenziale per il corretto funzionamento della tiroide e, in particolare, per la produzione degli ormoni tiroidei. Non era però noto che lo iodio fosse un elemento necessario anche per la fisiologia delle piante, al pari di altri microelementi come il ferro, il magnesio e molti altri. In una recente ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale Frontiers in plant science, un team di ricercatori del Laboratorio PlantLab dell’istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa e con l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo del Cnr di Napoli, ha dimostrato l’importanza dello iodio in ambito botanico. Si tratta di una scoperta che apre a nuove applicazioni per arrivare a un incremento della produzione agricola. Grazie ad un approccio sperimentale integrato che ha coinvolto ricercatori con competenze specialistiche è stato dimostrato che le piante richiedono iodio per una corretta fioritura, per una maggiore produzione di semi, per un’aumentata biomassa e per una fotosintesi efficiente (il processo di conversione della luce solare in energia chimica). Per la prima volta nella biologia vegetale si è venuti dunque a conoscenza della funzione di proteine iodinate, ossia proteine che legano lo iodio, che quindi entra a far parte integrante delle proteine delle piante. Una scoperta mai avvenuta prima d’ora nel mondo della biologia vegetale. Le 82 proteine identificate sono coinvolte in vari processi come l’attivazione di un sistema di allerta precoce che difende la pianta dai danni da stress abiotico e biotico. “Con questo studio – spiega Pierdomenico Perata, docente di Fisiologia vegetale e responsabile del PlantLab – abbiamo dimostrato che lo iodio esercita un effetto benefico sulle piante, anche se usato in piccolissime quantità. Una scoperta ancora più importante è stata la dimostrazione della presenza dello iodio nelle proteine vegetali. Lo iodio si comporta quindi come diversi micronutrienti essenziali per la crescita e lo sviluppo delle piante”.  La ricerca è stata sostenuta finanziariamente da SQM, azienda internazionale con una lunga storia nella produzione e nella commercializzazione di fertilizzanti, estratti nel deserto di Atacama in Cile.

Fonte:https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/02/23/news/anche_alle_piante_serve_lo_iodio-288838892/




Dalla Scuola Sant’Anna la conferma che lo iodio fa bene anche alle piante

Lo iodio è un elemento fondamentale per la salute umana, è essenziale per il corretto funzionamento della tiroide e, in particolare, per la produzione degli ormoni tiroidei. Non era però noto se lo iodio fosse un elemento necessario per la fisiologia delle piante, al pari di altri microelementi come il ferro, il magnesio e molti altri. In una recente ricerca, pubblicata sulla rivista internazionale “Frontiers in Plant Science”, un team di ricercatori del Laboratorio PlantLab dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa e con l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo del CNR di Napoli, ha dimostrato che lo iodio è necessario anche per le piante. Si tratta di una scoperta che apre a nuove applicazioni per arrivare a un incremento della produzione agricola.
Grazie ad un approccio sperimentale integrato che ha coinvolto ricercatori con competenze specialistiche è stato dimostrato che le piante richiedono iodio per una corretta fioritura, per una maggiore produzione di semi, per un’aumentata biomassa e per una fotosintesi efficiente (il processo di conversione della luce solare in energia chimica).

https://www.lanazione.it/pisa/cronaca/iodio-piante-1.6056854




«Suino nero lucano a rischio estinzione» Genualdo (Cnr): finora abbiamo fatto «volontariato», per lo screening di massa servono fondi

IL SUINO CON LA CRINIERA

Gazzetta del Mezzogiorno del 2 Gennaio 2021




Test genetici per salvare il suino nero lucano

Un’antica razza autoctona che ha più volte rischiato l’estinzione nei secoli scorsi è il suino nero lucano, specie oggi tornata in auge grazie alla passione di pochi allevatori e di alcune associazioni, in virtù delle caratteristiche di rusticità e resistenza a talune patologie, alla possibilità di essere allevate allo stato semi-brado e alla qualità delle sue carni da cui si ottengono prodotti tipici particolarmente apprezzati per genuinità, gusto ed ecosostenibilità. Uno studio condotto presso l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ispaam) di Napoli, pubblicato sulla rivista scientifica Reproduction in Domestic Animals, ha consentito di individuare un gruppo di suini portatori di un’anomalia cromosomica, la traslocazione reciproca (rcp). “Questo tipo di anomalia è piuttosto comune nella specie suina”, spiega Viviana Genualdo del Cnr-Ispaam, “soprattutto quando non vi è stata una selezione genetica forte da parte dell’uomo e in special modo nelle razze autoctone. Infatti, essa non comporta la variazione del numero di cromosomi, ma solo il riarrangiamento del materiale genetico, con il risultato di soggetti fenotipicamente normali che possono maggiormente generare gameti sbilanciati, causa di aborti spontanei o embrioni con anomalie”.

Lo studio è stato sviluppato dal Gruppo di citogenetica e genomica animale e vi hanno preso parte Angela Perucatti, Viviana Genualdo, Cristina Rossetti e Domenico Incarnato del Cnr-Ispaam, con la collaborazione di Alfredo Pauciullo dell’Università di Torino e Petra Musilova del Veterinary Research Institute di Brno (Repubblica Ceca), con la collaborazione del veterinario e allevatore lucano Domenico Mecca viene evidenziata la necessità di screening genetici in modo da preservare sia la biodiversità animale che l’allevatore da eventuali perdite economiche: “L’effettuazione di test citogenetici – esami rapidi, economici e non invasivi per l’animale – può consentire di rilevare i capi portatori di anomalie, escludendoli dalla riproduzione”, conclude la ricercatrice. (ANSA).

Fonti: https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/animali/2020/12/31/test-genetici-per-salvare-il-suino-nero-lucano_ce9bbcc6-d3be-4390-8f98-a866b005a1e7.html

https://www.corrierenazionale.it/2020/12/30/test-genetici-per-salvare-il-suino-nero-lucano/

https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/potenza/1270387/test-genetici-per-salvare-il-suino-nero-della-basilicata.html

https://www.ildenaro.it/cnr-made-in-napoli-test-genetici-per-salvare-il-suino-nero-lucano/




La Notte Europea dei Ricercatori 2020

Si è tenuta, venerdì 27 novembre dalle 10 alle 21 e sabato 28 novembre 2020 dalle 10 alle 12 live on web su piattaforma e in streaming su youtube Meet Me Tonight 2020 100 eventi, oltre 50 tra enti museali, soggetti privati impegnati nella divulgazione della scienza, istituti di ricerca e università, tra i quali Istituto Nazionale di Astrofisica, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’Università degli Studi di Napoli. L’Orientale, per l’edizione in Campania del progetto nazionale MEET ME TONIGHT a cura di Università Milano Bicocca, Università degli Studi di Milano, Comune di Milano, Università degli Studi di Napoli Federico II, Politecnico Milano, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, Istituto Nazionale di Astrofisica nell’ambito della Notte Europea dei Ricercatori (ERN Italy) promossa dalla Commissione Europea fra le Azioni Marie Skłodowska Curie H2020 MSCANIGHT 2020 e sostenuta, tra gli altri, dalla Regione Campania con il supporto promozionale della Scabec – Società Campana per i Beni Culturali. La finalità principale dell’evento è quello di condividere la conoscenza e costruire un dialogo tra ricercatori e cittadini, permettendo a questi ultimi di meglio comprendere il ruolo e l’impatto della ricerca sulla società, in una maniera coinvolgente, interattiva e anche spettacolare. Quest’anno, a causa dell’emergenza Covid-19, la Commissione Europea ha deciso, pur in un periodo di limitazione, di promuovere ugualmente le attività in tutta Europa, spostando il tradizionale appuntamento dell’ultimo venerdì di settembre al 27-28 novembre. La Campania ha aderito compatta alla manifestazione europea attraverso una cordata di Enti e Università afferenti alla rete “Meet Me Tonight”, coordinata dall’Università Milano Bicocca e avente come referenti di programma l’Università Federico II di Napoli e l’Università della Campania “Vanvitelli” di Caserta. Tra i partner del progetto ci sono oltre 50 enti e istituti di ricerca, enti museali, soggetti privati impegnati nella divulgazione della scienza. Di cosa si occupano i ricercatori? In quanti modi può progredire la conoscenza migliorando la società e favorendo il benessere dei cittadini? Science show, videoproiezioni, immagini da microscopi e dallo spazio, conferenze internazionali, talking live con i ricercatori, spettacoli a tema scientifico performati attraverso i linguaggi del teatro e della musica: format innovativi per migliorare il dialogo tra scienza e società e favorire la diffusione delle conoscenze storico-culturali e scientifico-tecnologiche del territorio campano a cittadini curiosi ma anche ad esponenti dell’imprenditoria e sensibilizzare in particolare i giovani attraverso l’uso di strumenti di comunicazione creativi e interattivi. “Aumentare la visibilità dei risultati dei progetti di ricerca, incontrare chi è quotidianamente impegnato nella divulgazione della scienza, raggiungere un vasto pubblico per costruire insieme una cittadinanza scientificamente consapevole – affermano gli organizzatori del progetto MEET ME TONIGHT – sono le principali motivazioni che ci hanno spinto a costruire questo ricco programma per la prossima Notte Europea dei Ricercatori con particolare attenzione alle eccellenze – in ambito RICERCA – del territorio campano». L’edizione 2020 di MEETmeTONIGHT Campania – completamente condotta in modalità da remoto – ruoterà attorno a un unico macro tema: il concetto di FUTURO. Questa scelta si ispira alle parole della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen che, durante il suo intervento alla sessione plenaria del Parlamento Europeo, ha sottolineato la necessità di volgere lo sguardo verso un futuro sostenibile e verde in cui le nuove generazioni possano prosperare e avere successo, un futuro dominato dalla cultura: “La cultura e l’educazione sono ciò che lega la nostra storia al nostro futuro. Questo è ciò che ci rende unici. La nostra anima, la nostra cultura, la nostra diversità, il nostro patrimonio”. Per meglio delineare e realizzare questo macro-tema, e riflettere la vocazione dei partner coinvolti, che abbracciano una grande ricchezza di temi di ricerca, tutte le iniziative proposte da MEETmeTONIGHT sono raggruppate in cinque grandi pilastri tematici: Salute, Humanities, Smart Cities, Sostenibilità e Tecnologia. In questa particolare edizione, inoltre, il digitale risulta utile per creare una comunità social che possa coinvolgere soprattutto un pubblico di giovani e giovanissimi intorno a tematiche di ampia valenza sociale come la relazione fra creatività femminile e sostenibilità (il 27 novembre alle ore 16) nell’intervento a cura di Annalisa Piccirillo, Silvana Carotenuto, Celeste Ianniciello Manuela Esposito dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale. Partendo dagli obiettivi indicati nell’Agenda ONU 2030 (ONU 2015), si potrà interagire insieme al pubblico sulle opere visive – performance, coreografie, land art, video-installazioni, bio-arte di artiste la cui produzione estetica è articolata su temi quali sostenibilità, ecologia, riciclo e riuso destinate a diventare parte del ‘Matri-archivio’, caricati e condivisi nell’area educational dell’archivio digitale. Ancora fortemente improntato al femminile l’appuntamento di venerdì 27 novembre dalle ore 18 “La matematica civica per diventare cittadini migliori” coordinato da Ulderico Dardano del Dipartimento di Matematica e Applicazioni “Renato Caccioppoli” per un confronto su una prassi politica di costruzione della democrazia insieme a Eleonora De Majo, assessora Cultura e Turismo del Comune di Napoli, e Chiara Valerio, autrice di “Storia umana della matematica” e “La Matematica è politica”, con la partecipazione di Guido Trombetti, docente e assessore all’Università e alla Ricerca dalla Regione Campania. Modalità interattive innovative in particolare nella proposta di UNINA – DiSTAR “Le variazioni climatiche e analogie musicali” (il 27 novembre ore 12) a cura di Alessandro Iannace dove si illustreranno le cause delle variazioni climatiche legate ai moti del nostro Pianeta attraverso analoghi musicali che convertiranno segnali della Terra della durata di milioni di anni in suoni e ritmi. Ma anche le challenge a tempo tra concorrenti da svolgere online su vulcani e dei terremoti condotte dai ricercatori dell’INGV – Osservatorio Vesuviano (il 27 novembre dalle ore 18). Sarà un evento di portata internazionale, invece, per la sezione BE-CONNECTED, la conversazione scientifica live da Guangzhou sulle moderne ricerche astrofisiche nel campo del Lensing gravitazionale forte che incrocia i progetti di ricerca dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte con la Sun Yat-sen University in Cina in programma il 27 novembre alle ore 11. La conclusione della serata del 27 novembre ore 21 è affidata ad Antonio Ramaglia, del Dipartimento di Fisica della Università Federico II, con l’appuntamento “L’uomo e il mare”: un omaggio a Hemingway per un viaggio intorno al tema della biologia marina per discutere delle conseguenze dell’antropizzazione sull’ambiente marino. Anche il comune dell’Isola di Procida, candidata a capitale della cultura, sarà presente con gli studenti dell’Istituto Caracciolo-Da Procida con il progetto relativo all’eradicazione ecosostenibile di Aedes albopictus L’edizione 2020 della Notte Europea dei Ricercatori a Caserta sarà in diretta streaming dalla prestigiosa Sala degli Incontri d’Arte della Reggia di Caserta venerdì 27 novembre dalle 19 alle 21. I ricercatori dell’Università Vanvitelli, dell’INFN, del CIRA, del CNR, insieme agli specialisti della Polizia Scientifica, ai Restauratori della Reggia di Caserta, agli astrofili dell’UMAC e del Planetario di Caserta e alle associazioni vi accompagneranno in un viaggio virtuale che vi porterà dallo spazio profondo agli abissi marini, dalla storia dei Borbone alla storia dell’uomo moderno che modifica l’ambiente in cui vive e sé stesso, lasciando tracce indelebili. Un viaggio che vi porterà ad esplorare luoghi inaccessibili e mondi tanto diversi quanto collegati. Un unico filo rosso attraverserà la serata per regalarvi attimi di magia e conoscenza. Nella diretta saranno trasmesse 16 video-pillole relative alle attività di ricerca. I presentatori ci guideranno attraverso le video-pillole seguendo un percorso immaginario. Utilizzando un video proiettore e una piattaforma per video-conferenze i ricercatori coinvolti in tutte le attività saranno presenti “da remoto” per presentare i loro video e rispondere alle domande che il pubblico da casa ci farà sotto forma di commenti Facebook/YouTube e chat. Le barriere fisiche imposte dall’emergenza sanitaria saranno superate da un’edizione in cui la fruizione delle attività sarà sostenuta dai sottotitoli in inglese che correderanno le video-pillole e da una traduzione in lingua dei segni durante la diretta. La mattina del 28 novembre la Notte Europea dei Ricercatori si aprirà alle scuole secondarie della Campania. Il lavoro dei ricercatori sarà raccontato con una serie di percorsi tematici: dalla matematica al Data Science, dalla Robotica all’Intelligenza Artificiale. Nella prima parte, ogni ricercatore per area tematica racconterà la propria attività con un seminario interattivo dalla durata di 20 minuti. Attraverso modelli, problemi, esempi e dati reali, si condurrà gli studenti a comprendere l’importanza ed il valore della ricerca nel mondo moderno dell’automazione. Nella seconda parte la scena sarà lasciata ad alcune scuole secondarie della regione che presenteranno delle attività sviluppate a seguito di collaborazioni con Ricercatori e Docenti dei Dipartimenti dell’Università degli Studi della Campania “L. Vanvitelli”. Molte le attività promosse in attesa della Notte più ricercata dell’anno che non dimenticano i più piccoli con letture e laboratori dedicati, seminari di approfondimento dalla filosofia della politica alla protezione dell’ambiente, alla scoperta della figura del ricercatore. La “Notte Europea dei Ricercatori” (European Researchers’ Night – ERN) è un’iniziativa europea per la diffusione della cultura scientifica promossa dalla Commissione Europea nell’ambito del Progetto Horizon 2020 “Marie Skłodowska Curie Actions”. Ed in particolare gli studenti universitari che da ogni parte del mondo grazie alla Borsa di Studio Marie Curie hanno trascorso un anno presso le università e gli enti di ricerca in Campania hanno raccolto in un video – realizzato e prodotto in collaborazione con SCABEC Società Campana per i Beni Culturali – per condividere con il largo pubblico la propria esperienza come ambasciatori della ricerca grazie all’Unione Europea. Spazio anche alle scuole: l’intera programmazione è un’occasione per gli studenti, che in questi giorni stanno conducendo le attività scolastiche in modalità prevalentemente da remoto, e le loro famiglie per entrare in contatto diretto con l’offerta didattica dei principali enti di alta formazione presenti sul territorio ed acquisire informazioni per scegliere con maggiore consapevolezza il proprio percorso di formazione universitaria. Alla manifestazione partecipano anche Polizia Scientifica – Polizia di Stato, della Cappella Sansevero, del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e del MUSA – Museo Universitario delle Scienze e delle Arti della Vanvitelli.
WEB
www.f2meetmetonight.unina.it
www.meetmetonight.it
SOCIAL
facebook e instagram @erncampania @erncaserta

ENTI PROPONENTI CAMPANIA
ADI (Associazione di Dottorandi Italiana) Caserta
Agenzia Regionale Protezione Ambientale della Campania
Centro Museale “Musei delle Scienze Naturali e Fisiche”
CIRA Centro Italiano Ricerca Aerospaziali
CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche










UREI: Unità Relazioni Europee ed Internazionali
CUG: Comitato Unico di Garanzia del CNR
Comune di Caserta
Coordinamento Napoletano Donne nella Scienza
INAF – Osservatorio Astronomico di Capodimonte
INFN – Sezione di Napoli
INGV – Osservatorio Vesuviano
Le Nuvole
Mathesis – Società Italiana di Scienze Matematiche e Fisiche
Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Museo di Cappella Sansevero
Nati per Leggere Campania, presidio di Caserta – Associazione socio culturale Chiedilo alla Luna
PERLATECNICA APS – Istituto Ferraris Buccini di Marcianise
Physics and Applied Sciences Early Researchers Physics and Optics Naples Young Student
Planetario di Caserta
Polizia di Stato – Gabinetto Interregionale di Polizia Scientifica per la Campania e il Molise
Reggia di Caserta
Scabec
Società Italiana degli Studiosi della Fisica e dell’Astronomia
Società Napoletana di Storia Patria
Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”
Unione Astrofili Napoletani
Unione Maddalonesi Amici del Cielo




Il Cnr-Ispaam di Napoli: Il Suino nero lucano si sta estinguendo. Ecco come salvare una preziosa specie animale

L’Istituto per il Sistema di Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo del Cnr pubblica una ricerca (condotta anche grazie al contributo di una corriera) che se messa in atto consentirà di preservare una delle più antiche specie della biodiversità animale del nostro Paese.

Una ricerca sulla biodiversità partita in pullman. Per oltre un anno, la corriera delle 5 del mattino che collega Avigliano (provincia di Potenza) con Napoli ha trasportato campioni di sangue di Suino Nero Lucano, una delle più antiche razze autoctone esistenti in Italia che ha più volte rischiato l’estinzione nei secoli scorsi. Oggi, grazie alla passione di pochi allevatori e alla formazione di associazioni, sono tornate in auge grazie anche alle loro caratteristiche di rusticità e resistenza a talune patologie, nonché alla possibilità di essere allevate allo stato semi-brado. Queste peculiarità, inoltre, consentono di ottenere prodotti tipici particolarmente apprezzati da chi è alla ricerca di genuinità e bontà e non meno di un prodotto ecosostenibile. Grazie alla passione del veterinario-allevatore lucano Domenico Mecca e agli studi dei ricercatori del Cnr-Ispaam di Napoli, è stato possibile rilevare un’anomalia cromosomica che provoca un alto tasso di mortalità precoce degli embrioni prodotti dal Suino Nero Lucano.
Lo studio condotto dal Gruppo di Citogenetica e Genomica Animale del Cnr-Ispaam di Napoli, Angela Perucatti, Viviana Genualdo, Cristina Rossetti e Domenico Incarnato e con la collaborazione dei professori Alfredo Pauciullo dell’Università di Torino e Petra Musilova del Veterinary Research Institute di Brno (Repubblica Ceca), pubblicato sulla rivista scientifica “Reproduction in Domestic Animals”, ha consentito di individuare un gruppo di suini portatori di una anomalia cromosomica: la traslocazione reciproca (rcp). Questo tipo di anomalia, è piuttosto comune soprattutto quando non vi è stata una selezione genetica forte da parte dell’uomo (in special modo nelle razze autoctone). Infatti, essa, comporta solo il riarrangiamento del materiale genetico, con il risultato di soggetti fenotipicamente normali ma con problemi di fertilità, per una mortalità precoce degli embrioni prodotti. Succede infatti, che gli allevatori selezionano i riproduttori solo sulla base di caratteristiche fenotipiche trascurando l’aspetto più importante, quello genetico.
Per scongiurare questa eventualità che, oltre a un danno per la biodiversità animale, comporta ingenti perdite per gli allevatori, sarebbe opportuno effettuare test citogenetici in grado di rilevare i portatori di anomalie. Si tratta di esami rapidi, economici e non invasivi per l’animale che consentono di escludere dalla riproduzione i capi che presentano alterazioni genetiche. “È auspicabile – spiegano le ricercatrici del Cnr-Ispaam che hanno studiato il caso – una collaborazione più stretta tra singoli allevatori e associazioni di allevatori delle razze autoctone con i ricercatori al fine di sottoporre a screening massivi queste razze che appartengono ad un importantissimo patrimonio di biodiversità, che non può andare perduto e che – soprattutto – può diventare un volano per l’economia delle aree interne del nostro Paese”.

Fonte: https://www.ildenaro.it/il-cnr-ispaam-di-napoli-il-suino-nero-lucano-si-sta-estinguendo-ecco-come-salvare-una-preziosa-specie-animale/




Bufala Mediterranea Italiana: l’importanza dell’analisi del cariotipo

Negli ultimi 15 anni, la corsa al miglioramento genetico ha portato molti imprenditori agricoli a rivoluzionare le proprie aziende zootecniche indirizzando i propri investimenti principalmente su due fronti: infrastrutture e genetica. Una scelta dettata, indirettamente, dalla consapevolezza che l’espressione fenotipica di un individuo è data dall’interazione del suo genoma con l’ambiente nel quale vive. Un ambiente “ottimale”, quindi, è necessario per permettere ad un individuo “ottimale” di esprimere al meglio le proprie caratteristiche, questo è un concetto essenziale quando si inizia a pensare di investire un capitale, piccolo o grande che sia, in “genetica”.

Prima di tutto questo, prima di movimentare risorse economiche essenziali per l’azienda, l’allevatore dovrebbe conoscere il suo “potenziale di stalla”, calcolare il proprio valore, conoscere le sue effettive produzioni e rapportare il tutto al mercato attuale al fine di evitare investimenti sbagliati.

Un processo di miglioramento genetico richiede, in primo luogo, di definire gli obiettivi aziendali che si intende raggiungere e le conoscenze delle proprie risorse. Di conseguenza, è necessario valutare se i primi animali da impiegare non siano quegli stessi animali, già presenti in allevamento, che fino a quel momento hanno permesso all’allevatore di raggiungere una realtà produttiva economicamente favorevole. Uno dei punti cardine di un’azienda zootecnica, piccola o grande che sia, è la riproduzione finalizzata alla creazione di rimonta internacapace di sostituire adeguatamente gli animali da riformare. L’analisi dei dati aziendali e delle produzioni permette ad un allevatore di selezionare i soggetti da utilizzare per il proprio progetto di miglioramento genetico e le analisi citogenetiche supportano le scelte dell’allevatore permettendo di evidenziare l’eventuale presenza di difetti cromosomici visibili attraverso l’analisi del cariotipo.

L’analisi del cariotipo è un esame di laboratorio che consente di escludere la presenza di anomalie numeriche e strutturali dei cromosomi di un soggetto che possono essere causa di ipofertilità e sterilità altrimenti non diagnosticabili. Tale indagine andrebbe effettuata su tutti i futuri riproduttori, ed in particolare sui maschi che verranno impiegati in Inseminazione Strumentale (IS).

Esistono due generi di Bufalo: il Bufalo d’acqua (Bubalus Bubalis) e il Bufalo Africano (Syncerus caffer). Alla specie d’acqua appartengono il “Bufalo di Fiume” o River Buffalo, con i suoi 50 cromosomi, e il “bufalo di palude” o Swamp buffalo, con 48. Il bufalo africano comprende due sottospecie: il Syncerus Caffer Caffer, con 52 cromosomi, e il Syncerus Caffer Nanus, con 54 cromosomi.

Alla domanda “quanti cromosomi ha un bufalo?”, la risposta sarà quindi sicuramente “dipende dalla sottospecie”. La Bufala di razza Mediterranea Italiana (allevata in Italia), che successivamente chiameremo BMI, appartiene alla sottospecie Bubalus bubalis e presenta 50 cromosomi (2n=50).

I cromosomi sono la rappresentazione visibile a microscopio dell’organizzazione strutturale del DNA e vengono distinti in autosomi ed eterosomi: gli autosomi sono tutti i cromosomi non sessuali, gli eterosomi sono solo i cromosomi sessuali X e Y. Le anomalie possono quindi coinvolgere gli autosomi o gli eterosomi ed avere conseguenze diverse sulla sorte dell’individuo. Le anomalie che coinvolgono gli autosomi molto spesso portano a riassorbimenti, morte embrionale o morte fetale, a differenza delle anomalie che riguardano gli eterosomi che, molto spesso, non interferiscono con la vita del soggetto affetto e non danno manifestazioni fenotipiche se non dopo la pubertà, al primo accoppiamento o alla prima visita ginecologica o andrologica, momento in cui gli investimenti e le spese di gestione sono ormai stati fatti.

Le anomalie riscontrabili attraverso un’analisi del cariotipo, come detto in precedenza, possono essere di due tipi: numeriche e strutturali. I cromosomi non ancora organizzati in cariotipo vengono definiti “piastra metafasica”.

Con il termine ploidia indichiamo il numero di cromosomi presenti in ogni cellula, nel caso della BMI la normalità sarà 2n=50 (compresi ovviamente i cromosomi sessuali). Ogni alterazione del numero dei cromosomi è definita “aneuploidia”, ovvero, nel caso della BMI, la presenza in più piastre metafasiche di un numero superiore o inferiore ai canonici 50 cromosomi. L’alterazione numerica dell’assetto cromosomico può portare al manifestarsi, anche improvviso, di disordini riproduttivi con conseguenti perdita economiche per l’allevatore. Le anomalie numeriche che coinvolgono gli eterosomi (X e Y) vanno dalla meno presente e conosciuta sindrome di Turner (X0), sindrome della tripla X (XXX) e sindrome di Klinefelter (XXY), alla Sindrome di Freemartin (XX/XY) di Bufalo e Bovino, ben nota gli allevatori da tempo immemore perché causa di sterilità della femmina nata da parto gemellare con prole di sesso opposto (Di Meo et al., 2008).

Le anomalie cromosomiche strutturali possono comportare un aumento, una perdita o il mantenimento della quantità totale di DNA fisiologicamente presente nel nucleo di una cellula. Ad esempio, una delezione cromosomica comporta una perdita di materiale genetico, una duplicazione comporta un aumento e una traslocazione comporta un cambiamento di posizione di un frammento di cromosoma rispetto al normale assetto cariotipico.

Tutte queste condizioni determinano uno sbilanciamento dell’assetto genomicocon conseguenti difetti sull’espressione genica e, soprattutto, sulla formazione di spermatozoi e ovociti. Le conseguenze di queste anomalie si manifesteranno direttamente sul potenziale riproduttivo della mandria perché sono trasmissibili e responsabili di ipofertilità. Per questo motivo è molto importante testare i riproduttori al fine di evitare situazioni spiacevoli ed, in particolare, il diffondersi di un’eventuale anomalia cromosomica nella mandria.

I Tori, principalmente quelli aziendali, devono essere il principale oggetto di attenzione e indagine da parte di chi si occupa della gestione riproduttiva di un’azienda, in quanto, accoppiandosi con un numero ampio di femmine, possono diffondere più facilmente anomalie genetiche nella mandria. Al contrario, le femmine, avendo un numero limitato di figli generati nell’arco di una carriera produttiva, conviene che siano analizzate nel caso in cui destinate ad essere madri di Toro, se si iniziano a manifestare allungamenti patologici dell’interparto nel singolo soggetto o nel gruppo, o per eventuali richieste dell’allevatore.

L’identificazione di anomalie cromosomiche strutturali è spesso un reperto occasionale ma è stato calcolato (Albarella et al., 2013) che un singolo riproduttore maschio può trasmetterle al 30% della sua progenie.

Ai fini delle indagini citogenetiche di routine è sufficiente un prelievo di circa 5 ml sangue in provetta con Sodio Eparina. Il campione deve essere processato entro le 36 ore dall’effettuazione del prelievo. Tempistiche così brevi sono determinate dalla necessità di allestire almeno due colture cellulari dalle quali verranno poi estratte le piastre metafasiche per l’analisi del cariotipo.

Le due colture verranno destinate a due analisi ben distinte: la prima, chiamata analisi delle CBA, evidenzierà condizioni di aneuploidia in particolare a carico dei cromosomi sessuali, la seconda, chiamata analisi delle RBA, permetterà di esaminare in dettaglio i cromosomi evidenziando eventuali alterazioni strutturali (analisi del cariotipo).

Le analisi citogenetiche hanno un costo che molto spesso sembra superfluo per gli allevatori, ma che è ampiamente ripagato dall’evitare il rischio di diffondere anomalie strutturali che ridurrebbero il potenziale riproduttivo e produttivo della mandria in maniera silente per poi evidenziarsi quando questa è ampiamente diffusa e le perdite economiche sono ormai ingenti. Spesso i centri genetici effettuano queste analisi routinariamente sui soggetti destinati alla produzione di seme sotto la direttiva delle associazioni di razza come l’ANASB. Le aziende che continuano a mantenere in stalla tori aziendali, a prescindere dal valore, dovrebbero testare questi animali per evitare il diffondersi di anomalie genetiche. Rispetto al bovino, la popolazione di BMI si attesta intorno alle 400.000 unità (FAO 2018), il controllo delle anomalie genetiche deve servire ad evitare la propagazione incontrollata delle stesse, ad evitare la possibile riduzione del potenziale riproduttivo della popolazione, a tenere sotto controllo le famiglie ed evitare di risolvere problemi legati agli accoppiamenti in consanguineità, altra causa di riduzione di fertilità e di propagazione di anomalie genetiche.

Metafase di cellula di esemplare maschio di Bufala (Bubalus Bubalis, 2n=50, XY) colorata con tecnica di Bandeggio CBA

Metafase di cellula di esemplare maschio di Bufala (Bubalus Bubalis, 2n=50, XY) colorata con tecnica di Bandeggio RBA.

Cariotipo di esemplare maschio di Bufala (Bubalus Bubalis, 2n=50, XY) con tecnica di Bandeggio RBA.

Bibliografia

https://www.ruminantia.it/bufala-mediterranea-italiana-limportanza-dellanalisi-del-cariotipo/

Autore dell’articolo: dr Emanuele D’Anza




La scoperta del Cnr: i polifenoli abbattono del 99,6% le tossicità della sigaretta elettronica

L’utilizzo di sigarette elettroniche (e-cig) costituisce un dibattuto problema di salute pubblica perché, ad oggi, manca una completa valutazione del rischio: nonostante contengano sostanze tossiche e cancerogene in minor quantità e concentrazione rispetto al fumo di tabacco, i dati disponibili nel breve intervallo temporale dalla recente introduzione di questi dispositivi dimostrano come il vapore delle e-cig contenga molecole tossiche derivanti dalla degradazione termica degli additivi presenti nei liquidi di alimentazione, il glicole propilenico e il glicerolo, benché in quantità minori rispetto alle sigarette convenzionali“. Queste sono le premesse del Consiglio nazionale delle ricerche in accompagnamento ad uno studio che potrebbe diventare storico pubblicato su Rcs Advances, la rivista della Royal Society of Chemistry. Secondo quanto scoperto dai ricercatori italiani, l’aggiunta di polifenoli al liquido delle e-cig “permette di ridurre fino al 99.6% la concentrazione di molecole tossiche come la formaldeide, prodotte dalla degradazione di glicerolo e glicole propilenico“. La ricerca  prende spunto da analoghi studi nel campo della chimica degli alimenti, è stata condotta da ricercatori dell’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo del Cnr, in collaborazione con le Università britanniche di Abertay, St Andrews e Nottingham. I polifenoli costituiscono un gruppo eterogeneo di sostanze naturali, particolarmente note per la loro azione positiva sulla salute umana (non a caso, sono talvolta indicati con il termine vitamina P). Prevalentemente sono presenti nella frutta fresca e nella verdura, oltre che nel cacao, nel the, nel caffè e nel vino.

copyright Cnr

La possibilità di modificare la composizione dei liquidi per ridurne la tossicità è una via finora poco esplorata. I ricercatori hanno utilizzato i polifenoli, molecole organiche naturali costituite da uno o più anelli aromatici (fenoli), per limitare e controllare la formazione di formaldeide, acetaldeide e altri carbonili, sostanze tossiche per le cellule del cavo orale, bronco-alveolare e/o polmonari.
Negli alimenti, alcuni polifenoli sono in grado di modificare e/o legare queste molecole tossiche, prodotte dall’ossidazione di lipidi, zuccheri e proteine assunti con l’alimentazione, riducendone la concentrazione” spiega Antonio Dario Troise, ricercatore Cnr-Ispaam. “Insieme al gruppo di ricerca del professor Alberto Fiore dell’Università di Abertay, abbiamo addizionato a liquidi di composizione simile a quelli delle e-cig, i polifenoli epigallocatechina gallato, idrossitirosolo e acido gallico, misurando poi l’effettiva riduzione di acetaldeide, formaldeide, gliossale e metilgliossale nei fumi prodotti e quantificando la formazione delle sostanze derivate, addotti fra polifenoli e le specie tossiche carboniliche”. I risultati sono significativi: “Una riduzione delle specie nocive fino al 99.6% è stata verificata negli aerosol delle e-cig addizionate con polifenoli. In alcuni casi è stata osservata una correlazione inversamente lineare tra la concentrazione dei polifenoli usati e le molecole tossicheInoltre, gli addotti derivati sono significativamente meno dannosi delle molecole presenti in assenza dei polifenoli, come evidenziato da prove tossicologiche parte di questo studio e condotti su cellule polmonari alveolari e bronchiali. Questi risultati – conclude il Troise – rappresentano quindi una prima validazione della capacità dei polifenoli nel contrastare la formazione di molecole potenzialmente nocive nelle e-cig, ed offrono uno strumento per future applicazioni di nuove formulazioni arricchite in molecole funzionali derivanti da scarti agroalimentari”.

Fonte: https://www.sigmagazine.it/2020/06/polifenoli-cnr/




La Ricercatrice ISPAAM Fiorella Sarubbi ha pubblicato un articolo sulla Rivista OnLine “Ruminantia”

Somministrazione di Aspergillus oryzae a bufale in lattazione: effetti sulle caratteristiche quanti-qualitative del latte

Se si esaminano i risultati dei controlli produttivi delle bufale in lattazione si è colpiti da indicatori di segno opposto: la produzione media degli allevamenti è rimasta pressoché stazionaria, ma nel frattempo è stato notevole l’incremento produttivo dei singoli allevamenti o delle cosiddette “regine”. Ciò da un lato trova spiegazione nel fatto che vi è stato un incremento numerico dei capi allevati e dall’altro, che, nelle aziende gestite con elevata professionalità, cominciano a dare frutto i piani di miglioramento genetico e l’adozione di tecniche innovative di riproduzione.

Pertanto quelle problematiche legate al diffondersi di dismetabolie, o comunque di patologie nella cui eziologia un ruolo rilevante è riconosciuto ai piani di alimentazione, fino a qualche tempo fa monopolio della bovinicultura da latte, cominciano ad assumere rilevanza anche nell’allevamento bufalino. Da qui la necessità di migliorare le conoscenze sul ruolo che fattori quali i trattamenti tecnologici subiti dagli alimenti oppure alcune sostanze in grado di modulare il microbismo ruminale, hanno nel regolare e migliorare le caratteristiche fermentative di proteine e di carboidrati.

L’allevamento bufalino in Italia, specie nel Mezzogiorno, grazie al migliorato management e all’introduzione di innovazioni tecnologiche, rappresenta una realtà produttiva in continua evoluzione.

La bufala, rispetto alla bovina, ha una minore capacità di ingestione, così che già a livelli produttivi superiori alla media, diventa complesso fornire razioni in grado di coprire i fabbisogni dell’animale, specie nei primissimi mesi di lattazione. A tale fine, oltre a prestare attenzione alla fermentescibilità dei carboidrati e alla degradabilità delle proteine, alla composizione e alla struttura fisica della dieta e alla modalità di somministrazione della stessa, si è andato sperimentando l’impiego di additivi in grado di modulare le fermentazioni ruminali. Tra quest’ultimi, hanno suscitato particolare interesse quelli di origine microbica, definiti per la loro modalità di azione probiotici, dei quali i più studiati sono rappresentati dalle colture o dagli estratti di fermentazione del Saccaromyces cerevisae e dell’Aspergillus oryzae.

Diversi autori hanno segnalato che l’addizione degli estratti di fermentazione di A. oryzae e di colture di S. cerevisiae, alla dieta dei ruminanti, determina aumento della digeribilità della sostanza secca, delle proteine grezze, della cellulosa grezza e delle emicellulose, oltre ad un incremento della produzione del latte.

I risultati segnalati, da non pochi altri autori, pongono invece in dubbio l’efficacia di questi probiotici. In particolare, alcuni riportano che con l’impiego di un estratto di fermentazione di A. oryzae non risultavano variazioni della digeribilità della cellulosa grezza, altri, in pecore alimentate con razioni additivate con estratto di fermentazione di A. oryzae, hanno notato modificazioni della velocità ma non della fermentescibilità ruminale della cellulosa, mentre altri ancora erano dell’opinione che la gran parte dei probiotici non modificavano l’utilizzazione digestiva degli alimenti.

In uno studio condotto su bovine in asciutta, l’A. oryzae mostrava di modificare, in maniera trascurabile, la degradabilità ruminale dell’NDF, l’ingestione di alimento, la digeribilità della cellulosa grezza e la sintesi di proteine microbiche e non aveva alcuna influenza sulla produzione di latte.

La contraddittorietà dei risultati, legata probabilmente alla variabilità delle condizioni in cui sono state condotte le sperimentazioni (lo stadio della lattazione, il livello produttivo, i criteri di razionamento, il valore energetico e proteico delle diete utilizzate e il management aziendale), e alla scarsità dei contributi sull’argomento relativi alla bufala, hanno suggerito di studiare le modificazioni indotte dalla somministrazione di estratti di fermentazione di Aspergillus oryzae sulla produzione di latte e sul contenuto in grasso, proteine, lattosio e urea, durante le diverse fasi di lattazione, nella bufala mediterranea italiana.

Tabella 1 – Composizione chimica (% ss) e valore nutritivo (UFL/kg s.s.) del mangime composto integrato e dell’unifeed.

Poiché in tutti i controlli effettuati sono state sempre osservate maggiori produzioni medie individuali nelle bufale del gruppo T, che hanno hanno fornito costantemente titoli in grasso del latte lievemente più elevati e percentuali di proteine alquanto più basse, si è preferito riportare, in tabella, i risultati (m ± ds) relativi ai controlli individuali effettuati nei 5 intervalli. È evidente, tra l’altro, che soltanto operando in tal modo alcune differenze tra le medie hanno assunto significatività statistica per effetto dell’elevato numero di osservazioni.

Con cadenza quindicinale, è stata controllata la produzione di ciascun animale e sono stati prelevati campioni individuali di latte rappresentativi delle due mungiture giornaliere, sui quali sono state eseguite le seguenti determinazioni: contenuto percentuale di grasso, proteine, lattosio e di contenuto di urea (mg/100 ml).

La produzione di latte, corretta per grasso e proteine (FPCM: 4% di grasso e 3.1% di proteine), è stata calcolata mediante l’equazione messa a punto da Di Palo R. (1992).

Per il monitoraggio del profilo metabolico degli animali sono stati determinati, all’inizio, a metà ed alla fine del periodo sperimentale, i contenuti di: urea, GOT, GPT, γGT, proteine totali, albumine, α1-globuline, α2-globuline, β-globuline e γ-globuline.

Tabella 2 – Produzione media giornaliera, contenuto in grasso, proteine e lattosio del gruppo C e T negli intervalli di tempo considerati.

Il tenore in grasso del latte è risultato maggiore nel gruppo T rispetto al gruppo C anche pur non raggiungendo mai livelli di significatività statistica. Le concentrazioni proteiche, in entrambi i gruppi, sono risultate pressoché costanti, ed il contenuto di lattosio non ha mostrato variazioni di rilievo per effetto del trattamento.

Tabella 3 – Valori dei parametri ematochimici.

Le differenze tra i valori di urea nel sangue più alti nel gruppo T hanno assunto significatività statistica solo nella fase finale della lattazione. Nella tabella 4 vengono riportati il valore del pH ruminale, il contenuto in ammoniaca, la quantità totale di AGV e la percentuale dei singoli AGV. Il pH ruminale non ha subito alcuna modificazione.  Il maggior contenuto di urea, di acido isobutirrico, valerianico ed isovalerianico trova giustificazione nell’eccessivo tenore proteico della dieta.

La quantità totale di AGV è maggiore nel gruppo T rispetto al gruppo C, mentre i rapporti percentuali dei singoli acidi grassi volatili non sono risultati modificati.

Possiamo supporre, in considerazione dei risultati ottenuti in questo studio, che la somministrazione di A. oryzae ha comportato, in questa indagine sperimentale, una depressione non significativa della produzione di latte nei primi 100 gg di lattazione, da correlare, verosimilmente, alle modificazioni dei tempi di ritenzione degli alimenti nel tratto intestinale ed alle caratteristiche di degradabilità, e quindi di assorbimento, degli alimenti stessi. Va rilevato, altresì, che la maggiore persistenza della lattazione negli animali trattati, ha reso trascurabile la differenza di produzione tra i gruppi.

Fonte: https://www.ruminantia.it/somministrazione-di-aspergillus-oryzae-a-bufale-in-lattazione-effetti-sulle-caratteristiche-quanti-qualitative-del-latte/