BANDO N. 400.01 ISPAAM PNRR “Ricercatore a Tempo Determinato”

Selezione per titoli e colloquio ai sensi dell’art. 8 del “Disciplinare concernente le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato”, per l’assunzione, ai sensi dell’art. 83 del CCNL del Comparto “Istruzione e Ricerca” 2016-2018, sottoscritto in data 19 aprile 2018, di una unità di personale con profilo professionale di Ricercatore a Tempo Determinato – III livello, presso l’Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo – Portici.

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Lodè, BioVeg: Agroforestry e tutela della biodiversità nella Riserva di Biosfera

A fine ottobre ha preso il via il progetto BIOVEG (BIOdiversità VEGetale), del Comune di Lodè e del CEAS Montalbo, grazie al finanziamento di progetti di educazione allo sviluppo sostenibile da parte degli enti titolari di un CEAS non accreditato di cui alla (D.G.R. 40/11 del 14.10.2021). L’obiettivo del progetto è di coinvolgere, attraverso un processo partecipativo gli attori sociali del territorio e gli Enti di ricerca e di vigilanza ambientale nel recuperare, valorizzare, diffondere il patrimonio genetico di biodiversità, gestendo gli ecosistemi minacciati dalle attività antropiche, in modo sostenibile per contrastare la perdita di biodiversità, all’interno di un contesto territoriale ad elevato pregio naturalistico come il SIC Montalbo, il Parco di Tepilora e la Riserva di Biosfera. BIOVEG punta a migliorare nel tempo l’integrazione e l’equilibrio delle risorse agricole e zootecniche seguendo i principi dell’agroforestry privilegiando le produzioni di qualità e la sostenibilità degli interventi, focalizzando l’attenzione sull’ecosistema nel suo complesso e sulle comunità che lo abitano.

Nel mese di dicembre è stata avviata la prima azione che prevede il miglioramento quanti-qualitativo di un sito pilota a pascolo arborato a bassa produttività tramite la semina di specie foraggere autoriseminanti di origine sarda (principalmente leguminose). La finalità dell’intervento sarà di incrementare la biodiversità foraggera, di invertire il degrado dei suoli e aumentarne la fertilità, e migliorare il benessere animale e la qualità dei prodotti zootecnici. La prova sarà condotta con la supervisione del ricercatore del CNR-ISPAAM di Sassari, il dr. Federico Sanna nei terreni messi a disposizione dall’azienda agrituristica “Su Cunzatu e Vitale”. Secondo i dettami dell’agroforestry la prova verrà eseguita all’interno di un frutteto di antiche varietà di pero, creando una sinergia tra produzioni zootecniche e frutticole. Le attività di campo sono state la preparazione del letto di semina e la semina stessa. La preparazione del suolo è stata effettuata con tecniche di lavorazione minima, interessando solo i primi strati del suolo al fine di preservarne la struttura, salvaguardando la biodiversità vegetale presente. L’impiego di semente di specie leguminose aumenterà la dotazione naturale di Azoto nel suolo, evitando così di ricorrere ad interventi massicci di concimazione minerale. 

La caratteristica delle specie autoriseminanti impiegate punta alla creazione di un pascolo polifita poliennale dal valore pastorale elevato, evitando quindi di dover intervenire ogni anno con le tradizionali operazioni di aratura e semina, e attuando un risparmio energetico in termini di carburante (minori emissioni di CO2). A questa prima fase del progetto faranno seguito altre azioni che vedranno il coinvolgimento attivo della popolazione scolastica a favore della riscoperta dei frutti antichi e la loro diffusione, un approfondimento sulla biodiversità lungo le antiche carrarecce dei Carbonai ricadenti in parte sul Sentiero Italia, laboratori vivaistico-creativo e attività in seno alla valorizzazione dei sistemi ecosistemici, in particolar modo con l’individuazione di un sito pilota in agro di Lodè in cui mettere a dimora piante tartufigene, che daranno vita ad un piccolo rimboschimento con annessa tartufaia artificiale.

Fonte: https://www.gazzettasarda.com/contenuto/0/11/246515/lode-bioveg-agroforestry-e-tutela-della-biodiversita-nella-riserva-di-biosfera




L’ISPAAM, partecipa anche quest’anno a Futuro Remoto

L’ISPAAM, partecipa anche quest’anno a Futuro Remoto

VIENI A TROVARCI.

A cura dell’Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo_CNR-ISPAAM:

riCREO Equilibri: sulla strada della stabilità genomica. (cod. P_1334)
Con: Dott.sse Viviana Genualdo, Cristina Rossetti e Ramona Pistucci.
L’analisi genomica, la caratterizzazione citogenetica e l’individuazione di markers della specie zootecniche spiegano gli adattamenti genetici ai mutevoli cambiamenti ambientali del patrimonio genetico delle specie zootecniche. Diventa scienziato per un giorno e “Parti” alla scoperta dei cromosomi e del DNA.

 

riCREO Equilibri: La mungitura robotizzata tra animale, uomo e sviluppo tecnologico. (cod. P_1335)
Con: Dott.ssa Fiorella Sarubbi e  Dott. Giuseppe Auriemma.

Vieni a conoscere, attraverso attività pratiche ed analisi visive, quanto fondamentale è l’equilibrio tra libertà degli animali di controllare e gestire le loro attività quotidiane, l’applicazione di nuove te.

 




Convegno “Carciofo, Moringa oleifera e grano duro: alimentazione e salute”

Convegno “Carciofo, Moringa oleifera e grano duro: alimentazione e salute” organizzato dal Comune di Uri.

Il convegno, prevede l’apertura dei lavori da parte del Sindaco del Comune di Uri Dott. Emanuele Dettori e dell’Assessore all’Agricoltura Dott. Agr. Francesco Murru. I relatori saranno:  Dott. Terrosu e Dott.ssa Frassetto dell’Agenzia Laore, Prof.ssa Fenu Pintori dell’Università di Sassari e Dott. Dettori dell’Agenzia Agris. Saranno affrontati i seguenti argomenti: – La coltivazione del carciofo nel Comune di Uri: aspetti produttivi, nutrizionali e nutraceutici; – La Moriga oleifera coltivata in Sardegna: sviluppi nutraceutici e cosmeceutici; – La filiera del frumento duro: i vantaggi per la salute e il territorio.

Il convegno consentirà l’attribuzione di CFP come attività di tipo caratterizzante e si svolgerà il prossimo 05 agosto dalle ore 16,30 a Uri presso la Sala Biblioteca Comunale di Uri “Giovanni Maria Cherchi” in via Sassari n. 22.

Fonte: https://www.agrfor.ss.it/public/news/convegno-carciofo-moringa-oleifera-e-grano-duro-alimentazione-e-salute/1537




Progetto PROCASU e Cooperativa Allevatori Mores

La storica cooperativa celebra il glorioso traguardo e traccia un bilancio

MORES. È stata occasione per tracciare un bilancio delle attività la giornata di festa tenutasi nei giorni scorsi per il 70esimo anno della fondazione della Cooperativa Allevatori di Mores. Una realtà associativa nata nel 1951 e che conta oggi circa 190 soci, produttori che operano su un territorio che si estende tra il Logudoro e la Nurra e che garantiscono una produzione casearia di eccellenza. La celebrazione si è aperta infatti con un convegno, dove oltre al presidente Gian Mario Canu erano presenti il responsabile scientifico della cooperativa Gianni Re e i ricercatori del Cnr-Ispam (istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo) Leonardo Sulas, Giannella Piluzza e Simonetta Caira.

Oltre a ricordare i passaggi chiave della storia della cooperativa, il presidente Canu ha evidenziato la recente collaborazione proprio con l’Ispam del Cnr che ha prodotto la partecipazione al bando Psr 2014-2020 misura 16.2 (sostegno a progetti pilota e allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie) che ha portato al finanziamento del progetto Procasu (produzioni casearie sostenibili di qualità). Progetto che, come ha in seguito spiegato il responsabile scientifico, «ha l’obiettivo di realizzare una produzione casearia innovativa ed esclusiva su contesti agropastorali estensivi mediterranei, attraverso un modello gestionale innovativo finalizzato a certificare e immettere sul mercato nuove tipologie di formaggi».

Gli obiettivi specifici del progetto e lo studio dell’intera filiera produttiva dall’erba al pascolo al formaggio sono stati oggetto delle successive relazioni dei ricercatori del Cnr-Ispam, che hanno evidenziato, il primo, «l’importanza delle leguminose foraggere nei sistemi agrosilvopastorali», la seconda «il ruolo degli antiossidanti e dei composti bioattivi presenti nelle specie vegetali da pascolo» e la terza «la caratterizzazione molecolare di peptidi ad alto valore biologico nel latte di pecora e nei suoi derivati, indicatori di autenticità e genuinità dei formaggi e di rintracciabilità del prodotto, sia esso sotto forma di latte o di cagliata». (b.m.)

Fonte: https://www.lanuovasardegna.it/sassari/cronaca/2021/09/16/news/allevatori-mores-70-anni-di-eccellenze-1.40711060




Il fascino delle piante, dal Vesuvio allo spazio – La Biodiversità della frutta campana: conoscerla e riconoscerla

Focus dell’attività proposta sarà far conoscere la biodiversità delle specie legnose da frutto e comunicare l’importanza della loro valorizzazione attraverso la conservazione e la caratterizzazione delle risorse genetiche di rilievo per l’agricoltura. Saranno proposte attività finalizzate al riconoscimento di alcune varietà di ciliegie campane e mini esperimenti per evidenziare e misurare le differenze di alcuni parametri significativi per i frutti quali: acidità, grado zuccherino, proprietà antiossidanti etc.

  • Tipologia attività: Laboratorio, Stand
  • Destinatari:  tutti
  • Data:  21 maggio 2022
  • Orario:  9:00 – 13:00
  • Ente organizzatore:  CNR ISPAAM, Partner progetto DICOVALE (CRAA-IMPROSTA, CREA, CNR, UNICAMPANIA, UNINA, UNISANNIO)
  • Indirizzo: Orto Botanico del Dipartimento di Agraria, Via Università 100
    Portici, NA
    80055
  • Referenti:  Annamaria Salzano
  • Modalità di fruizione:  ingresso libero
  • Telefono per prenotazioni:  +39 3383033304
  • Telefono per informazioni: +39 0182539490
  • Email per informazioni: annamaria.salzano@cnr.it

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Metabolismo scoperto nuovo meccanismo termogenico

Caratteristica del tessuto adiposo bruno per la funzione anti-diabetica

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Il “tessuto adiposo bruno” è presente in grande quantità nel neonato, dove ha un ruolo essenziale nel mantenimento della temperatura corporea. È ricco infatti di “mitocondri”, organelli responsabili della produzione di calore, che viene generato attraverso l’azione di una proteina specializzata chiamata “termogenina”. Tale tessuto perde le sue caratteristiche con l’età, pur mantenendo una residua attività termogenica, che rimane molto importante nel preservare la salute metabolica. Per funzionare, infatti, il tessuto adiposo bruno utilizza le riserve di grassi immagazzinati all’interno degli adipociti o cellule adipose brune, il glucosio e altri lipidi che provengono dal flusso sanguigno, “bruciandoli” all’interno dei mitocondri per produrre calore. La sua attività porta quindi a una dissipazione energetica e all’abbassamento dei livelli di glucosio e grassi nel sangue.

Alcuni ricercatori italiani e stranieri coordinati da Katia Aquilano, che dirige il Laboratorio di Biochimica della Nutrizione, e Daniele Lettieri-Barbato, a capo del Laboratorio di Fisiologia, entrambe del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma “Tor Vergata”, in collaborazione con Simona Arena, Giovanni Renzone e Andrea Scaloni dell’Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo (Cnr-Ispaam), e Valerio Chiurchiù dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale (Cnr-Ift) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, hanno scoperto un nuovo meccanismo di regolazione del tessuto adiposo bruno basato sull’interazione degli adipociti con cellule immunitarie. Il team di ricerca ha dimostrato che gli adipociti bruni, quando stimolati a produrre calore a seguito di un’esposizione al freddo, espellono nell’ambiente extracellulare parti di mitocondrio danneggiate dal funzionamento massivo. Lo studio è pubblicato su Cell Metabolism.
“Tale rilascio, avviene attraverso vescicole trasportatrici dedicate”, dice Aquilano. “Cellule immunitarie specializzate, i macrofagi, vengono poi richiamate all’interno del tessuto adiposo bruno agendo da veri e propri spazzini che si occupano di eliminare questo materiale di scarto, ‘mangiandolo’ attraverso il meccanismo della fagocitosi e successiva degradazione lisosomiale”. Aggiunge Scaloni: “Tale scoperta è stata possibile grazie a esperimenti preliminari di proteomica su vescicole extracellulari da tessuto adiposo bruno, che hanno permesso di evidenziare concentrazioni maggiori di proteine mitocondriali nel caso di animali esposti al freddo, rispetto a campioni analoghi da organismi allevati a temperatura ambiente”. Conclude Lettieri-Barbato: “Se i macrofagi non rimuovessero questi detriti, questi ultimi danneggerebbero gli adipociti bruni, compromettendo così la loro attività metabolica e termogenica. Pertanto, comprendere le cause alla base dell’alterazione della funzione del tessuto adiposo bruno risulta di notevole importanza per lo sviluppo di terapie contro diverse malattie metaboliche correlate all’età”.

Fonti: https://www.italiasalute.it/7805/Metabolismo-scoperto-nuovo-meccanismo-termogenico.html

http://www.healthdesk.it/ricerca/metabolismo-scoperto-nuovo-meccanismo-funzione-anti-diabetica-termogenica-tessuto-adiposo

https://www.saluteh24.com/il_weblog_di_antonio/2022/04/tessuto-adiposo-bruno-scoperto-nuovo-meccanismo-della-funzione-anti-diabetica-e-termogenica.html

https://tg24.sky.it/salute-e-benessere/2022/04/06/metabolismo-meccanismo-tessuto-adiposo-bruno

https://www.radio24.ilsole24ore.com/programmi/obiettivo-salute/puntata/metabolismo-scoperto-nuovo-meccanismo-funzione-anti-diabetica-e-termogenica-tessuto-adiposo-bruno-120529-AEEiRwPB




Nuovo studio fa luce sui feromoni nei primati

Una collaborazione fra l’AIT di Tulln (Austria) ed il Cnr-Ispaam ha individuato in sostanze con odore muschiato alcuni potenziali feromoni nei primati

Nuovo studio fa luce sui feromoni nei primati

La comunicazione tra membri della stessa specie mediata dai feromoni, sostanze chimiche secrete da ghiandole specializzate, è molto diffusa tra gli organismi viventi, ma nelle scimmie antropomorfe e nell’uomo non vi è attualmente una sufficiente evidenza di tale fenomeno. Tra i primati, in particolare, i lemuri usano i feromoni per comunicare all’interno della specie, mentre tale capacità sembra essere persa in alcuni tipi di scimmie.

La comunicazione feromonale nell’uomo sarebbe impedita dalla mancanza di strutture anatomiche dedicate e/o dal malfunzionamento di relazionati meccanismi molecolari. Sono infatti assenti l’organo vomeronasale, deputato in molti animali alla percezione dei feromoni, i relativi recettori, ed anche proteine trasportatrici di tali molecole, note come SAL o MUP, già identificate in mammiferi quali maiale e topo, dove la comunicazione sessuale attraverso segnali chimici è stata ampiamente dimostrata. Al fine di chiarire quale sarebbe potuto essere un ipotetico feromone in alcuni primati e nell’uomo, Giovanni Renzone, Simona Arena ed Andrea Scaloni dell’Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo del Cnr di Portici hanno collaborato con Valeriia Zaremska, Isabella Fischer, Paolo Pelosi e Wolfgang Knoll dell’Austrian Institute of Technology di Tulln. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution.

“Nell’uomo, l’unico gene codificante per una proteina del gruppo SAL contiene una mutazione che impedisce la traduzione del corrispondente RNA, insorta a livello evolutivo e riscontrata già nel genoma dell’uomo di Neanderthal, nel quale quindi già mancava tale proteina. La mutazione di SAL non è invece avvenuta nel gorilla e nello scimpanzè”, spiega Scaloni. “L’obiettivo del nostro studio è stato appunto quello di ricostruire il processo di percezione molecolare mediato dalla proteina SAL nei primati e nell’uomo, laddove non fosse stato interrotto dall’evoluzione”.

A tale scopo, i ricercatori hanno prodotto in batteri la proteina di una specie rappresentativa dei lemuri (Microcebus murinus) nota per la presenza di feromoni, di una specie rappresentativa delle scimmie (Cercocebus atys) dove è osservata la comunicazione feromonale e dell’Homo sapiens. “In quest’ultimo caso, mediante approcci biotecnologici è stata rimossa la mutazione genetica che impedisce l’espressione della molecola in natura”, prosegue Scaloni. “Le proteine hanno evidenziato forti analogie strutturali ed hanno mostrato simili attività leganti verso molecole con potenziali attività feromonale”.
Sebbene con lievi differenze, gli esperimenti hanno indentificato chetoni e lattoni macrociclici come i migliori ligandi delle proteine delle tre specie, e candidato ciclopentadecanone, pentadecanolide, 5-cicloesadecenone e alcuni composti loro correlati come i migliori feromoni “potenziali”. “I ligandi identificati sono risultati molto simili all’esadecenolide, un feromone già identificato nelle secrezioni ghiandolari di Mandrillus sphinx, una specie strettamente imparentata con il Cercocebus atys, la scimmia da noi studiata. I risultati ottenuti”, conclude Scaloni, “dimostrano che SAL e la sua funzione di trasportatore di feromoni non è cambiata molto durante l’evoluzione dai lemuri all’uomo, sebbene il suo ruolo fisiologico negli esseri umani sia stato del tutto compromesso dalla mutazione genetica”.

Come ultimo elemento di curiosità, i migliori ligandi suggeriti quali potenziali feromoni si caratterizzano per un forte odore di muschio, una nota olfattiva molto apprezzata in profumeria. Gli autori della ricerca in passato hanno già identificato proteine leganti i feromoni prodotti dal verro, 5a-androst-16-en-3-one e androstenedione, che sono alla base della comunicazione sessuale nel maiale ed il cui uso è in sperimentazione in molti allevamenti per modulare la fertilità nella scrofa.

La scheda
Chi: Cnr-Ispaam, Austrian Institute of Technology
Che cosa: feromoni nei primati, Mol. Biol. Evol. (2021) doi: 10.1093/molbev/msab338, da Zaremska V., Fischer I.M., Renzone G., Arena S., Scaloni A., Knoll W. and Pelosi P.

Fonte: https://www.corrierenazionale.it/2022/01/27/nuovo-studio-fa-luce-sui-feromoni-nei-primati/




Identificate molecole con possibile attività feromonale nei primati

Nei primati l’uso di feromoni sessuali è oggetto di discussione. Nell’uomo mancano gli elementi anatomici e biochimici coinvolti in tale funzione. In particolare, non è presente una proteina dedicata al trasporto di feromoni in altre specie, a causa di una mutazione evolutiva già presente nel Neanderthal. Una collaborazione fra l’AIT di Tulln (Austria) ed il Cnr-Ispaam ha però ricostruito tale proteina mancante, individuando in sostanze con odore muschiato alcuni potenziali feromoni nei primati. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution.

La comunicazione tra membri della stessa specie mediata dai feromoni, sostanze chimiche secrete da ghiandole specializzate, è molto diffusa tra gli organismi viventi, ma nelle scimmie antropomorfe e nell’uomo non vi è attualmente una sufficiente evidenza di tale fenomeno. Tra i primati, in particolare, i lemuri usano i feromoni per comunicare all’interno della specie, mentre tale capacità sembra essere persa in alcuni tipi di scimmie. La comunicazione feromonale nell’uomo sarebbe impedita dalla mancanza di strutture anatomiche dedicate e/o dal malfunzionamento di relazionati meccanismi molecolari. Sono infatti assenti l’organo vomeronasale, deputato in molti animali alla percezione dei feromoni, i relativi recettori, ed anche proteine trasportatrici di tali molecole, note come SAL o MUP, già identificate in mammiferi quali maiale e topo, dove la comunicazione sessuale attraverso segnali chimici è stata ampiamente dimostrata. Al fine di chiarire quale sarebbe potuto essere un ipotetico feromone in alcuni primati e nell’uomo, Giovanni Renzone, Simona Arena ed Andrea Scaloni dell’Istituto per il Sistema Produzione Animale in Ambiente Mediterraneo del Cnr di Portici hanno collaborato con Valeriia Zaremska, Isabella Fischer, Paolo Pelosi e Wolfgang Knoll dell’Austrian Institute of Technology di Tulln. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Molecular Biology and Evolution.

“Nell’uomo, l’unico gene codificante per una proteina del gruppo SAL contiene una mutazione che impedisce la traduzione del corrispondente RNA, insorta a livello evolutivo e riscontrata già nel genoma dell’uomo di Neanderthal, nel quale quindi già mancava tale proteina. La mutazione di SAL non è invece avvenuta nel gorilla e nello scimpanzè”, spiega Scaloni. “L’obiettivo del nostro studio è stato appunto quello di ricostruire il processo di percezione molecolare mediato dalla proteina SAL nei primati e nell’uomo, laddove non fosse stato interrotto dall’evoluzione”.

A tale scopo, i ricercatori hanno prodotto in batteri la proteina di una specie rappresentativa dei lemuri (Microcebus murinus) nota per la presenza di feromoni, di una specie rappresentativa delle scimmie (Cercocebus atys) dove è osservata la comunicazione feromonale e dell’Homo sapiens. “In quest’ultimo caso, mediante approcci biotecnologici è stata rimossa la mutazione genetica che impedisce l’espressione della molecola in natura”, prosegue Scaloni. “Le proteine hanno evidenziato forti analogie strutturali ed hanno mostrato simili attività leganti verso molecole con potenziali attività feromonale”. Sebbene con lievi differenze, gli esperimenti hanno indentificato chetoni e lattoni macrociclici come i migliori ligandi delle proteine delle tre specie, e candidato ciclopentadecanone, pentadecanolide, 5-cicloesadecenone e alcuni composti loro correlati come i migliori feromoni “potenziali”. “I ligandi identificati sono risultati molto simili all’esadecenolide, un feromone già identificato nelle secrezioni ghiandolari di Mandrillus sphinx, una specie strettamente imparentata con il Cercocebus atys, la scimmia da noi studiata. I risultati ottenuti”, conclude Scaloni, “dimostrano che SAL e la sua funzione di trasportatore di feromoni non è cambiata molto durante l’evoluzione dai lemuri all’uomo, sebbene il suo ruolo fisiologico negli esseri umani sia stato del tutto compromesso dalla mutazione genetica”.

Come ultimo elemento di curiosità, i migliori ligandi suggeriti quali potenziali feromoni si caratterizzano per un forte odore di muschio, una nota olfattiva molto apprezzata in profumeria. Gli autori della ricerca in passato hanno già identificato proteine leganti i feromoni prodotti dal verro, che sono alla base della comunicazione sessuale nel maiale ed il cui uso è in sperimentazione in molti allevamenti per modulare la fertilità nella scrofa.




Pubblicato sulla Rivista di Suinicultura un interessante articolo sulla salvaguardia della Biodiversità

Analisi genetiche e tutela della biodiversità

biodiversità

Le incessanti attività antropiche, i cambiamenti climatici, la ricerca e il bisogno di produzioni ad alto rendimento, le nuove zoonosi e le recenti pandemie, hanno causato erosione genetica e degrado della biodiversità di tanti organismi viventi. In particolare, nel settore agroalimentare italiano tutti questi fattori hanno segnato profondamente gli allevamenti impegnati alla tutela e valorizzazione di razze locali o tipi genetici autoctoni (Tga) che rischiano l’estinzione a favore di altre razze cosmopolite di maggior interesse economico.
In Italia, in particolar modo nel settore suinicolo, infatti, si è assistito a una drastica riduzione delle specie indigene. Il numero delle razze autoctone è stato ridotto da una ventina a sole 6 attualmente riconosciute dal registro anagrafico dei Tga. Il registro anagrafico o libro genealogico, tenuto dall’Associazione nazionale allevatori suini (Anas), conserva le informazioni genealogiche dei soggetti iscritti al fine di monitorare i trend delle popolazioni tra cui lo stato di consanguineità che, se troppo elevato può essere anche causa di estinzione delle razze.

L’intero articolo è disponibile al seguente link:

https://suinicoltura.edagricole.it/dalla-ricerca/analisi-genetiche-e-tutela-della-biodiversita/